Il giro del mondo in 80 chili

Non che prima di trasferirmi a Londra non avessi mai apprezzato il cibo, anzi! L'ho sempre venerato e ammirato in ogni sua forma e in ogni suo sapore, dal più semplice al più complesso.
Amo imbandire tavole curate in ogni dettaglio; e chi si è seduto ad una di quelle lo sa bene, perchè non si è alzato vivo.
Amo il cibo semplice mangiato passeggiando; amo creare una cena con quella che trovo nel frigo e amo passare ore al supermercato cercando l'ispirazione per il prossimo pasto, da preparare anche solo per me stessa.
Ammetto che quando ero in Italia guardavo la prova del cuoco (la Clerici ha sempre suscitato la mia simpatia più della Parodi) e che in pausa pranzo sfoggio sempre tapperware più o meno accuratamente preparati.
Se in uno stand gastronomico offrono assaggini io sono sempre in prima fila: annuso, testo con attenzione ed esprimo il mio giudizio senza peli sulla lingua ma con la bocca piena.
Ho sempre apprezzato il buon cibo. In questo devo ringraziare la mamma che preparava torte semplici e delizione per la mia merenda; suscitando l'invidia di quei compagni che dallo zainetto tiravano fuori girelle maciullate confezionate nella plastica.
Ho imparato che le cose più buone sono quelle di cui hai voglia, senza badare a calorie (perlomeno non sempre).
Credo che il cibo abbia un magico potere sociale e conviviale, perchè non c'è niente di più intimo dei condividere un pasto davanti ad un bicchiere di vino.
Amo viziarmi e amo viziare; amo i colori e i profumi del cibo.
Amo cercare di indovinare gli ingredienti dall'odore, facendomene inebriare chiudendo gli occhi.
Amo la cucina italiana sia chiaro, nella sua genuina qualità e nella sua grandissima varietà che ci fa essere famosi in tutto il mondo (siamo bravi in tante altre cose, ma vaglielo a spiegare che non siamo solo dei mastica pasta).
Ma più di tutto amo assaggiare!
Sono sempre stata coraggiosa in fondo: mi sono buttata col paracadute da 4000m e ho imparato a nuotare perchè un giorno mi sono tuffata, come se nulla fosse, dal bordo di una piscina olimpionica perchè avevo deciso fosse arrivato il momento.
Ma come sono coraggiosa col cibo non lo sono con nient'altro.
Il fatto che mia madre fosse preoccupata, dopo aver letto un'articolo relativo a carne di topo venduta in un mercato di street food londinese, vi fa capire quanto non badi molto a convenevoli.
Chiariamoci, non sono una discarica trita rifiuti. Mi piace solo testare nuovi sapori e non sono diffidente; quando lo sono è solo per questioni igieniche e salutari (morire di dissenteria non sarebbe esattamente una delle morti più teatrali).
Londra non sta che incentivando questa passione ("lievitando" forse è il termine più adatto).
Il mio passatempo preferito è camminare, e cosa c'è di meglio di sgranocchiare qualcosa tra una vetrina e l'altra, davanti ad un murales o nel tiepido sole di un parco?
Amo lo street food, i mercati e i banchetti provvisori (senza topi è meglio).
Ti danno la possibilità di passare in rassegna tutte le cucine del mondo in un solo pomeriggio; confrontandole e scoprendo ogni volta qualche sapore o ingrediente nuovo di cui ingnoravi l'esistenza. Il mio preferito senza ombra di dubbio è l'eccentrico ma stiloso Broadway Market; quello in cui vado più spesso è il vintage street Brick Ln Market. Ma quello che decisamente vanta la varietà e la qualità migliore è l'affollato Borough Market.
Ho iniziato con la rassegna di assaggi britannici (che purtroppo esaurisce rapidamente) e mi sono trovata spesso discorde con la teoria comune della loro disgustosità. Sia chiaro, non mi presenterei con una ricetta inglese ad una gara di cucina; ma se mangiati nel modo e nei posti giusti si lasciano mangiare, anche con scarpetta a seguire (incurante poi se quà è o no vista di buon occhio).
Dai Pie al fish and chips, sorseggiando cider; i mash di accompagnamento, il porridge, il pudding e la famosa colazione a base di uova e fagioli accomodati; l'hamburger in ogni sua forma e il Sunday roast, il te coi biscottini al burro e la Marmite.
Ma ho anche scoperto una squisita e rinomata cucina inglese in un ottimo ristorante; iniziando con ossobuchi su un letto di purea di patate dolci, per proseguire con uno spezzatino di lepre da fare salti più alti della lapre stessa (qualche bicchiere di buon rosso aveva incrementato la mia agilità).
La cucina francese non è mai rientrata nella mia top three, ma vivendo con dei francesi ho riscoperto svariati e inusuali usi di burro, salmone.. (that's it!).
L'hummus marocchino mi fa contorcere lo stomaco dalla goduria (i ceci poi fanno il resto). I falafel, il couscous, i datteri e il naan sono solo poche altre delle prelibatezze della cicina araba.
Il jerk chichen jamaicano assaggiato, con le mani e seduta sul gradino di una soglia, durante il carnevale di Notthing Hill.
Lo stufato di capra caraibico mangiato ad Hackney chiacchierando del tempo londinese con la paciosa donnona nera che me lo ha servito.
La cucina africana dove le posate sono un optional e la convivialità un obbligo.
Quella turca, la greca, la tedesca, la belga, la spagnola e la portoghese; tutte europee ma completamente differenti negli ingredienti, nella loro lavorazione e nella mentalità e il modo di offrirli.
E poi c'è la cucina asiatica che è senza dubbio quella che da sempre suscita di più la mia curiosità.
Mi sono addentrata nella cucina indiana, speziata e acre ma che ti regala nuove spezie e accostamenti particolari. 
Quella cinese, decisamente più grossolana ma anche incredibilmente chic se mangiata nei posti giusti.
L'anatra croccante con la confettura di prugne e avvolta da sottilissime creps è qualcosa di divino.
Noodles, soya, riso in ogni sua variante, broccoli, licis e te verde.
La delicatezza e insieme la forza della cucina thai.
Ma il Giappone sarà sempre alla posizione numero uno.
La cura del dettaglio, la perfetta combinazione di sapori e consistenze. L'alternanza di caldo e freddo, di insipido e piccante che crea un'esplosione dei sensi.
La precisa bellezza e l'ordine quasi maniacale dei piatti che resteresti ore solo ad osservarli per paura di sciuparli (con ore intendo secondi).
Ma non parlo solo di ristoranti costosi, la cucina giapponese è perfetta in ogni sua espressione. Un take away street food sarà sempre come minimo in una barchetta fatta di carta di riso con forchettina in legno.
Ora per esempio sto mangiando un dorayaki green tea. Cos'è? Una specie di pancake ripieno di una crema fresca al te verde. Delizioso!  
E poi c'è il guacamole, il sandwich con l'anatra, l'agnello aromatico, i samosa, i dumpling, i pretzel, i nachos e..
Domani inizio la dieta!
(facciamo dopodomani che domani ho un macha latte con cookies al ginger che mi aspetta per colazione).





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