Cose che sono felici di essere cose

In questo invasivo cambio di abitudini ognuno ha dovuto ridimensionare il suo spazio e il suo tempo. Ci siamo ritrovati a relazionarci con cose che sono sempre state lì, che vedevamo in continuazione, ma che in un certo senso avevamo smesso di guardare da tempo.

Il balcone.
E' diventato il nostro rifugio e la nostra fuga, per odorare un pochino di quel fuori che ci è vietato. Ci incastriamo in piccoli spazi, con doti inaspettate da contorsionisti, per inseguire il sole tra i palazzi. Vogliamo solo farci abbracciare un po', almeno da lui. 
Giardino per i più fortunati, che mai avrà momento di gloria più sentito e più invidiato, solo per il semplice fatto di essere quello che è. I pollici verdi si scatenano (Edward mani di forbici scansate) e i pollici killer ci provano di nuovo a testa alta: "ora o mai più".

La finestra.
Ci affacciamo per odorare la primavera e per sbirciare le vite altrui. Settimane fa non ci saremo mai immaginati che avremo passato del tempo affacciati alle finestre. E' sempre stata considerata un'abitudine da sciura di paese curiosa e annoiata o da portinaia assetata di abitudini altrui. Adesso invece, tutto quel poco che i nostri occhi possono vedere sulle strade assurdamente deserte, è solo vita vera da assorbire.

Il divano.
Vecchio o nuovo che sia non gli abbiamo mai dedicato così tante attenzioni, ma lui è sempre stato lì ad aspettarci, fedele. Ci ha visti indaffarati e stanchi, sfuggenti e concentrati sui nostri mille impegni. Lo abbiamo sfruttato per poggiarci la borsa della palestra, la spesa, il cappotto e ora si gongola godendo del nostro calore incondizionatamente. Lo abbiamo anche lavato, vaporizzato, igienizzato come mai prima. Seduti lì sopra guardiamo film e serie tv, cercando di viaggiare in posti sconosciuti e di sfuggire, per qualche ora, da una realtà più che mai incerta.

Il letto.
Ci accoglie ogni sera per notti serene, insonni o caratterizzate da sogni strambi (tanti di noi ne stanno facendo). Lì sopra leggiamo, facciamo l'amore, dormiamo, pensiamo, piangiamo, sorridiamo o preghiamo. Aspettiamo con ansia quel momento in cui potremo sdraiarci sopra ad un altro letto: per un viaggio o per visitare quell'amico o il fidanzato lontano. Che luridi traditori che siamo. Ma lui è lì: immobile e silenzioso non fa una piega, specialmente se ci siamo anche messi a stirare le lenzuola.

Il tavolo.
Gode di ogni nostro singolo pasto. Niente più aperitivi e cene fuori. Colazioni, spuntini, pranzi, spuntini, cene, spuntini.. altri spuntini sono tutti lì sopra. Ci sono tavoli apparecchiati con cura come se stessero aspettando degli ospiti, perché a qualcuno piace trattare se stesso come un ospite importante, specialmente in questo momento. Ci sono tavoli scarni e svogliati, come la tristezza di magiare da soli. Ci sono tavoli vissuti, impiastrati e golosi per riempire i vuoti. Ci sono impasti, esperimenti o scatolette ma ogni tavolo racconta come stiamo scandendo le nostre giornate.

La porta di casa.
La sera, la gioia dei bimbi quando sentivano le chiavi nella toppa scandire il ritorno del loro papà a casa. Lo sbatterla dopo un litigio per andare a prendere un pò d'aria e far girare i pensieri (a volte anche le scatole). Quando si apriva e dietro c'era qualcuno da abbracciare venuto a trovarci. Adesso il loro unico compito è restare chiuse per proteggerci. Devono tenerci tutti dentro, insieme o distanti ma tutti al sicuro. Il loro è quel ruolo difficile di schermo con l'esterno, crudele ma indispensabile ruolo. Ne farebbero a meno poverette di restare così inutilizzate ma si sentono forti e indispensabili come le mura che proteggono la principessa nella torre del castello. Niente le scalfisce e quando c'è da buttare la spazzatura è festa vera.

Il telefono.
Il panico da batteria a terra nel bel mezzo di una giornata frenetica è un lontano ricordo. Mai stato più carico e nello stesso tempo più usato. Con malinconia sfogliamo vecchie foto, e per vecchie intendo le foto di qualche mese fa in cui vivevamo la nostra vita e i nostri abbracci come se nulla avrebbe mai potuto strapparceli via. Scorriamo col dito i paesaggi, i sorrisi e i volti delle nostre vacanze con malinconia. Postiamo screenshot di video call, pranzi sui balconi, challenge varie e discutibili, indovinelli più che discutibili, canzoni, film, consigli. Anche i più diffidenti si sono convertiti a qualche app per le videochiamate e a qualche canale di fitness o di ricette. Io non vedo l'ora, con tutto il rispetto, di tornare a dimenticarmelo in tasca per ore.

Potrei continuare per ore e nominare: 
La doccia, in cui possiamo permetterci di riflettere più a lungo sulle sorti del mondo oppure su come facciano ora i piccioni senza nessuno a cui cagare in testa.
La dimenticata vasca da bagno che non avevamo mai il tempo di riempire.
Il frigo che non è mai stato così pieno o così vuoto.
L'aspirapolvere in overdose.
Album di vecchie foto che non sfogliavamo da anni.
La cyclette impolverata comprata in un momento motivazionale folle.
Macchine da cucire dismesse.
Libri ammucchiati sul comodino.
Spartiti ingialliti...
...

Ogni singolo oggetto che abbiamo intorno, in un modo o nell'altro, si sta inconsapevolmente prendendo cura di noi. Fa quel che può, sta in silenzio con la pazienza di un fedele compagno che ci vede tristi e preoccupati e non sa cosa dire per consolarci, ma si limita ad abbracciarci.
Ecco, prendiamoci almeno questi miseri abbracci. Per adesso purtroppo dobbiamo resistere ancora un pò per quelli veri ma sono sicura che saranno stretti, forti, bellissimi, rumorosi e lunghissimi.
I nostri divani allora ci perdoneranno... come sempre.






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