Boccate d'ansia

volte vado in apnea e non parlo solo di quando mi tuffo nel mio prezioso mare. A volte vado in apnea anche in città, a casa, al lavoro, davanti ad una pagina bianca, per strada o al supermercato. Succede quando nella mia testa ci sono così tanti pensieri che sembra facciano a gara per accaparrarsi un pò di ossigeno. Fanno a botte in una silenziosa, ma nemmeno troppo, lotta per la sopravvivenza. Ogni pensiero si sente abbastanza importante da voler restare in vita, ognuno pensa di meritare il primo posto alla mattina, appena apro gli occhi o l'ultimo, appena prima di addormentarmi.

Non importa che quel pensiero sia cosa regalare alla mamma per Natale, cosa scrivere nel prossimo post, cosa preparare per cena, cosa mettere nell'ultima slide di una presentazione importante, come dire a quella persona che mi ha fatto soffrire, come riuscire a diventare la persona che sognavo da bambina, o forse no un'altra, ma qualcuno, come riuscire scegliere la cosa giusta da fare e su cosa fare affidamento per riuscire a farlo, quale musica scegliere quando sono triste, che cosa avrei dovuto rispondere quando o che cosa dovrò dire se.

Perché a volte sembra tutto così tanto e così troppo da non saper più da che parte cominciare e così si va in apnea. C'è chi la chiama ansia. Chi stress, il male del nostro secolo. Chi preferisce burnout, che fa molto figo nel mondo del business. Chi la definisce angoscia, molto gettonato in poesie e sonetti. A me piace chiamarla apnea perché è come se fosse una pausa. La vedo come una pausa ovattata che ha una scadenza, la scadenza di quando sott'acqua, nel silenzio scandito dal nostro respiro rumoroso, abbiamo fatto un poco di ordine e torniamo in superficie affaticati e assetati di aria ma spediti, spinti da quello stesso istinto di sopravvivenza di tutti quei pensieri che spingono e che un poco quando eravamo là sotto siamo riusciti a mettere a bada.

Come pesci in uno stagno ci assentiamo ogni tanto in silenzio per ascoltarci, fare ordine e tornare sù. A volte riemergiamo più confusi di prima ma spesso risaliamo più decisi e più convinti di voler respirare ancora e di nuovo e di più. Forse quelle pause servono, forse sono solo i nostri pensieri che hanno bisogno di nuotare un pò in silenzio perché a stare sempre in quella lotta e in quel trambusto si sono stufati anche loro.
Forse chiamarla solo con la parola apnea, invece che con l'abusata parola ansia, rende questa condizione meno paurosa, magari più salata come il mare ma più come una piccola pausa, una piccola visita di quello che c'è nascosto in fondo in fondo. Una visita necessaria per renderlo più chiaro, più umano e più affrontabile. Una piccola pausa da cui se nuotiamo bene e chiediamo aiuto possiamo uscire senza soffocare.

Solo una piccola pausa che ci insegna a nuotare meglio.



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