Imprecanzoni

Premetto e confesso che non sono una grande esperta di musica e che quando distribuivano le doti musicali e canore io ero probabilmente impegnata in un'altra coda per prendere qualcosa da bere o da mangiare ma mi permetto di dire qualche cosa anche io sull'appena concluso Festival di Sanremo, che ha tenuto un pubblico record incollato allo schermo.

L'ho guardato. Si, non ci ho perso  il sonno né ho rovinato amicizie con le squadre del FantaSanremo ma l'ho guardato. Mi sono divertita con i milioni di meme che intasavano i social, ho apprezzato e canticchiato qualche canzone, scoperto l'esistenza di qualche nuovo artista e, dall'alto del mio divano vestita come una grattara, ho espresso opinioni sugli outfit di tutti.

Faccio un'altra premessa. (lo so le premesse si fanno all'inizio ma questa te la becchi adesso) Io ho sempre guardato Sanremo, anche quando a cantare c'erano cantanti che parevano riesumati dal museo delle cere, vestiti dalla cugina improvvisata stylist con l'abito buono della domenica e pronti ad emozionarsi salendo su un palco solo per cantare, quello che in fondo è e dovrebbe essere il loro mestiere. L'ho guardato quando non c'erano gruppi di ascolto, fantasanremo, i meme e gli influencer sul palco. Lo guardavo con quella vena malinconica di quando si guardano le cose un pò vecchie e non troppo ben riuscite ma che comunque con dignità portano avanti una tradizione in una località a me cara un pò fiorita e retrò come i presentatori e i cantanti di un tempo.

Poi il mondo è indiscutibilmente cambiato e con lui è cambiata le fruibilità delle cose, o forse è la nuova fruibilità che ha cambiato lei stessa il mondo, chi lo sa. Sta di fatto che nel Sanremo degli ultimi anni vedo lo specchio di una società del tanto e del troppo. Una società giudicante e appariscente dove importa più distinguersi con azioni fuori dal comune e outfit esagerati piuttosto che con il proprio talento. Sanremo è stato palcoscenico di cantanti ma anche di, sputa sentenze, di giudiconi, di commentatori feroci e di politica da quattro soldi. Insomma, più imprecazioni che canzoni.

È vero che è uno spettacolo ed è giusto che, come suggerisce la parola stessa, sia "spettacolare" ma nella spettacolarità io vedo sempre più una schiavitù: quella dalla percezione esterna di noi stessi.
Stiamo correndo verso il troppo e lo stiamo facendo su dei trampoli di apparenza ed esagerazione che magari un giorno si spezzeranno e quel che resterà saranno dei fiori, un presentatore retrò e qualche bella canzone cantata solo per il gusto di essere ascoltata. 
Insomma, più canzoni e meno imprecazioni e io forse allora ci perderò qualche ora di sonno in più.

Firmato una giovane boomer.










Commenti