Atti pubblici in luogo osceno

Sono in aeroporto. 
Tutte le volte che devo prendere un volo mi piace venire qua molto prima. Mi piace avere abbastanza tempo per comprare un libro, libro che sarà per sempre la memoria emotiva del viaggio; scegliere accuratamente qualcosa di insolito da mangiare; spruzzarmi un profumo ogni volta diverso al duty free, profumo che sarà per sempre la memoria olfattiva del viaggio; fare la pipì così da non dover disturbare i miei vicini perché mi piace sempre scegliere il posto vicino al finestrino, come a tutti i sognatori.
Ma più di ogni altra cosa mi piace venire qua prima per starmene accovacciata ad osservare lo spettacolo di un'umanità in movimento che in questo luogo da tutto il suo meglio. 
Gli aeroporti così come le stazioni, le fermate dell'autobus o le sale d'attesa sono per la maggior parte delle persone dei non luoghi: luoghi di passaggio in cui semplicemente si transita senza lasciare nulla di se, ad eccezione di qualche effetto personale dimenticato per la fretta, e senza prendere nulla, a parte un biglietto usato che magari diventerà segnalibro di quel libro appena acquistato.

Mi piace osservare i movimenti delle persone: come agitano le mani, come trascinano la valigia, come si guardano intorno. Mi piace scorgere nei loro sguardi l’emozione, la preoccupazione, la malinconia o la curiosità. Mi piace immaginare se quelle persone stanno tornando da qualcuno o stanno andando verso qualcosa, se stanno lasciando la loro zona di confort per esplorare loro stessi oppure se sentono solamente il desiderio di concedersi una vacanza.
Mi godo l’umanità che mi passa accanto incurante del suo momento di transizione. 
Sono inconsapevoli della loro collocazione in quel tempo e in quello spazio in cui si sentono un pò impacciati e irrequieti. Non sanno cosa gli aspetta, cosa o chi troveranno all’atterraggio e si aggrappano alle loro piccole certezze: i Tuc in borsa, la settimana enigmistica, il foulard per l'aria condizionata, il cuscino gonfiabile per la cervicale e la busta trasparente con i documenti di viaggio.
Non so perché ma nei non luoghi le persone sono solitamente spaesate, poco a loro agio, confuse, imbambolate e più imbranate del solito. Bottigliette d'acqua dimenticate nei bagagli a mano che creano imbarazzo, giacche mai tolte per evitare il disagio di tenerle in mano, acquisti inutili e nevrotici al duty free, alcolici bevuti a qualsiasi ora del giorno e della notte, neo coppie che si baciano ad ogni controllo passaporti, coppie assodate che si punzecchiano ad ogni controllo passaporti, outfit da domenica in hangover, tacchi a spillo che ritorno venoso scansate, code davanti a gate ancora chiusi e corse goffe e disperate.

Io li osservo, osservo me stessa e penso. 
Muoversi nel tempo e nello spazio è una straordinaria possibilità che abbiamo a disposizione. Siamo liberi di andare dove vogliamo e di essere chi vogliamo in questi luoghi, anche se solo per qualche ora. Sono luoghi transitori che siedono tra il chi siamo e il chi saremo al nostro ritorno perché qualunque sia il viaggio non si torna mai uguali a come si è partiti. Luoghi che restano sospesi tra le nostre aspettative e le nostre paure e se ne caricano senza chiedere mai nulla in cambio. Luoghi che ci offrono ristoro e ci fanno vedere coi nostri occhi quanti milioni di intrecci e intersezioni l'umanità è in grado di generare con una valigia in mano e un boarding pass. Mi osservo e mi emoziono perché anche io sono parte determinante di queste intersezioni.

Azz devo andare! Il gate sta chiudendo e come al solito sono rimasta l'ultima sbadata sognatrice. La verità è che ero distratta a guardare una bambina che trascinava fiera il suo coniglio di peluche verso la loro prossima straordinaria avventura.






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